Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: La diffamazione commessa mediante atto pubblico e affissione all'albo pretorio, con l'attribuzione di fatti lesivi della reputazione di pubblici ufficiali, integra il reato di cui all'art. 595, comma 3, c.p., anche qualora i medesimi fatti siano stati oggetto di un precedente procedimento penale conclusosi con assoluzione, in quanto la diversità della condotta e dell'evento diffamatorio rispetto al precedente giudizio esclude la violazione del principio del ne bis in idem. Il diritto di critica, inoltre, non può essere riconosciuto quando le espressioni utilizzate eccedono manifestamente i limiti della continenza e della continua finalità di interesse pubblico, configurando un'offesa gratuita e ingiustificata alla reputazione altrui. Pertanto, la condanna per il reato di diffamazione aggravata è legittima, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che l'ha confermata, salvo il riconoscimento della prescrizione del reato per alcuni degli imputati, qualora tale causa estintiva sia stata accertata dal giudice di merito.