La cessione in godimento di beni del patrimonio disponibile di una pubblica amministrazione in favore di privati, anche se qualificata come "concessione" dalle parti, deve essere ricondotta allo schema privatistico della locazione, nell'ambito del quale l'amministrazione opera jure privatorum, ovvero mediante l'esercizio di poteri privatistici. Di conseguenza, le controversie relative all'assegnazione in locazione di tali beni rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, e non in quella del giudice amministrativo, in quanto non riconducibili all'esercizio di un potere amministrativo, anche in via mediata. Ciò vale anche nel caso in cui l'ente procedente si sia autovincolato al rispetto di una procedura selettiva ad evidenza pubblica, in assenza di un vincolo eteronomo che lo obblighi a tale scelta, non essendo sufficiente tale circostanza a giustificare lo spostamento della giurisdizione dal giudice ordinario al giudice amministrativo. Inoltre, il R.D. n. 827/1924, che prescrive il ricorso ai pubblici incanti per i contratti da cui derivi entrata o spesa dello Stato, non è applicabile alle società per azioni a prevalente capitale pubblico locale, come la società procedente nel caso di specie.