Cassazione penale Sez. II sentenza n. 7519 del 31 luglio 1993

ECLI:IT:CASS:1993:7519PEN

Massima

Massima ufficiale
Le modifiche normative apportate all'art. 500 cod. proc. pen. dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 che ha convertito il D.L. 8 giugno 1992, n. 306 pur consentendo il recupero di atti precedentemente compiuti dal P.M. o dalla polizia giudiziaria, non prescindono dal vecchio schema del detto art. 500. Pertanto, solo attraverso le contestazioni e` possibile introdurre nel materiale probatorio le dichiarazioni rese dai testi nel corso delle indagini preliminari e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Dette dichiarazioni sono solo elementi di prova che possono assurgere a dignita` di prova dei fatti in esse affermati unicamente se sussistano altri elementi che ne confermano l'attendibilita` o se risultino circostanze che abbiano compromesso la genuinita` dell'esame del teste. Conseguentemente, il giudice di merito, che abbia utilizzato nella decisione le dichiarazioni dei testi acquisite a norma del comma quarto dell'art. 500, ha l'obbligo di evidenziare gli altri elementi di prova che, a suo giudizio, valgono a confermare l'attendibilita` ovvero, nell'ipotesi descritta dal comma quinto, le circostanze che consentano di dedurre che il testimone sia stato coartato o corrotto o, comunque, che sia stata compromessa la genuinita` del suo esame. Il regime introdotto con le modifiche legislative dell'art. 500 cod. proc. pen. risulta, peraltro piu` favorevole all'imputato di quello instauratosi per effetto della declaratoria di illegittimita` costituzionale dei commi terzo e quarto della detta norma, pronunciata con la sentenza n. 255 del 1992, che finiva per attribuire pieno valore probatorio senza alcun riscontro alle dichiarazioni dei testi utilizzate per contestare in tutto o in parte il contenuto delle deposizioni da loro rese in dibattimento. (Nella fattispecie, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza di appello pronunciata dopo la decisione della Corte Costituzionale n. 255 del 1992 ma anteriormente alla legge n. 356 del 1992. I giudici di appello avevano disposto, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, l'acquisizione al fascicolo del dibattimento, valutandole poi come prova in sede di decisione, delle dichiarazioni rese al P.M. dai testi che, ritrattate nel dibattimento di primo grado, erano state qui utilizzate solo per le contestazioni. Il Supremo Collegio ha ritenuto che non essendo possibile separare il momento della contestazione, avvenuta in primo grado, da quello dell'allegazione, verificatosi in appello, fosse necessario ripetere la contestazione e, quindi, rinnovare l'istruzione dibattimentale con nuovo esame dei testi in modo che fossero sentiti in contraddittorio).

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