Il silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione nell'esercizio dei propri doveri procedimentali costituisce una violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, sanciti dall'art. 97 della Costituzione, nonché del diritto di accesso agli atti e di difesa di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione. L'amministrazione è tenuta a concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro i termini previsti dalla legge, salvo i casi di sospensione o interruzione del termine, al fine di garantire la certezza dei rapporti giuridici e la tutela delle posizioni soggettive dei cittadini. Il silenzio-inadempimento configura un'ipotesi di illegittimità dell'azione amministrativa, che legittima il ricorso al giudice amministrativo per l'accertamento dell'obbligo di provvedere e, ove necessario, la nomina di un commissario ad acta. Tuttavia, il venir meno dell'interesse del ricorrente a ottenere una pronuncia sul silenzio, a seguito dell'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, determina l'improcedibilità del ricorso, in applicazione del principio di economia processuale e di concentrazione della tutela giurisdizionale. In tali casi, le spese di giudizio possono essere compensate, tenuto conto delle limitate difese spiegate dalle parti.