Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha stabilito che l'occupazione di fatto di terreni privati da parte di un Comune per la realizzazione di opere pubbliche, in assenza di un valido provvedimento di espropriazione o di acquisizione sanante, configura una fattispecie riconducibile all'art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001 (Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità), in relazione alla quale sorgono in capo al privato proprietario interessi legittimi tutelabili in sede giurisdizionale amministrativa. Tuttavia, qualora il Comune, nelle more del giudizio, adotti un provvedimento che, pur non disponendo l'esproprio, definisca una procedura autoritativa disciplinata dall'art. 42-bis (o comunque a essa riconducibile), tale provvedimento sopravvenuto determina l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, ai sensi degli artt. 35, comma 1, lett. c) e 38 del Codice del processo amministrativo. In tali casi, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti, fermo restando l'obbligo del ricorrente di pagare il contributo unificato.