Cassazione penale Sez. V sentenza n. 21875 del 8 giugno 2010

ECLI:IT:CASS:2010:21875PEN

Massima

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Il falso in atto pubblico commesso mediante la presentazione di una domanda di condono edilizio, attestando falsamente la preesistenza di un manufatto abusivo, integra il reato di cui all'art. 483 c.p. anche quando il manufatto sia stato successivamente rimosso o abbia caratteristiche di precarietà, in quanto la condotta fraudolenta si perfeziona con la sottoscrizione della domanda, indipendentemente dalla successiva sorte del manufatto. La buona fede dell'imputato nell'erronea sottoscrizione della domanda non esclude la responsabilità penale, essendo sufficiente la consapevolezza della falsità dell'attestazione, a prescindere dalla conoscenza della illiceità della condotta. L'accertamento della preesistenza del manufatto abusivo può essere effettuato anche sulla base di prove indirette, come l'aerofotogrammetria, senza necessità di ulteriori verifiche, quando tali prove risultino sufficienti a dimostrare la falsità dell'attestazione contenuta nella domanda di condono.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CALABRESE ((omissis)) - Presidente

Dott. CARROZZA Arturo - rel. Consigliere

Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere

Dott. AMATO Alfonso - Consigliere

Dott. BEVERE Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

1) GA. PR. ST. MA. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 9328/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del 13/02/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARROZZA Arturo;

Udito il Procuratore Generale, dott. ((omissis)), che conclude per il rigetto del ricorso;

Udito l'Avv. ((omissis)) che illustra i motivi di ric…

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