Il canone demaniale marittimo può essere rideterminato dalla pubblica amministrazione anche in presenza di precedenti rapporti concessori, in applicazione della normativa di cui all'art. 1, commi 251 e 252, della legge n. 296 del 2006, la quale prevede l'applicazione delle nuove misure dei canoni alle concessioni "rilasciate o rinnovate". Tale rideterminazione non contrasta con gli artt. 3 e 41 della Costituzione, in quanto persegue l'obiettivo primario di acquisire i mezzi finanziari necessari per la soddisfazione degli interessi pubblici, attraverso una valutazione non irragionevole dei prezzi di mercato e dei benefici economici derivanti dall'utilizzo dei beni demaniali. L'inadeguatezza dei canoni dedotti in contratto giustifica la valutazione di opportunità insita nella rideterminazione del canone, ai sensi dell'art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, che consente la revoca di un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o per una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario. Tale potere di revisione, divenuto dovere per l'amministrazione, non richiede l'avviso di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 21-octies della medesima legge. Infine, l'indicazione della misura unitaria del canone applicata e dell'ampiezza di ogni bene è sufficiente a motivare adeguatamente il provvedimento di rideterminazione.