Il diritto di critica, pur essendo un fondamentale principio di una società democratica, non può travalicare i limiti della continenza espressiva e scadere in una mera aggressione personale dell'altrui reputazione. L'utilizzo di espressioni gravemente offensive e ingiustificatamente lesive della dignità della persona, anche nel contesto di rapporti professionali, integra gli estremi della diffamazione, non potendo essere scriminato dal mero intento di dissentire o criticare l'operato altrui. Il dolo del reato di diffamazione sussiste anche in assenza di animus diffamandi, essendo sufficiente la consapevolezza di formulare giudizi oggettivamente lesivi della reputazione altrui, indipendentemente dalla finalità perseguita. La liquidazione del danno non patrimoniale derivante da diffamazione può avvenire in via equitativa, senza necessità di analitica dimostrazione, purché la motivazione indichi i fatti materiali posti a fondamento della decisione e il percorso logico seguito.