Cassazione penale Sez. III sentenza n. 44016 del 2 novembre 2023

ECLI:IT:CASS:2023:44016PEN

Massima

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Il reato di cui all'art. 600-ter, comma 1, c.p. (pornografia minorile) si configura quando vi sia una forma di "utilizzazione" del minore, intesa come sua strumentalizzazione e riduzione a mero oggetto per il soddisfacimento di desideri sessuali altrui o per conseguire un utile, a prescindere dal consenso del minore stesso. Pertanto, integra tale fattispecie penale anche la condotta di chi, pur non realizzando materialmente la produzione di materiale pedopornografico, abbia istigato o indotto il minore a farlo, facendo sorgere in questi il relativo proposito, prima assente, ovvero rafforzandone l'intenzione già esistente. Il consenso prestato dalla vittima, anche se prossima al raggiungimento della maggiore età, non assume valore esimente, in quanto il concetto di "utilizzazione" si deve intendere come vera e propria degradazione del minore ad oggetto di manipolazioni. Ciò in quanto la nozione di "utilizzazione" evoca la strumentalizzazione del minore e la sua riduzione a res per il soddisfacimento di desideri sessuali di altri soggetti o per conseguire un utile, e lede il bene giuridico tutelato dalla norma, identificabile nella immagine, nella dignità e nel corretto sviluppo psico-fisico dello stesso minore. Pertanto, la condotta dell'imputato, che aveva raggirato la minore rappresentandole di avere un'età diversa dalla reale, così di fatto sostituendosi ad altra persona più o meno coetanea della persona offesa, integra il reato di cui all'art. 600-ter, comma 1, c.p., in quanto tale condotta ha determinato il condizionamento della persona offesa, sicché non può ritenersi che la "relazione" con la minore possa dirsi essere stata paritaria e consensuale. La graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo, senza che sia necessario esaminare tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p. Inoltre, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, non essendo sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca - Presidente

Dott. SEMERARO Luca - Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano - Consigliere

Dott. GALANTI Alberto - rel. Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
sul ricorso presentato da (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 28/03/2023;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Alberto Galanti;
lette le conclusioni scritte del Sost. Proc. Generale, Dott. Luigi Orsi, l'inammissibilita' del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28/03/2023 la Corte di appello di Milano confermava la sentenza emessa in data 16/02/2022 dal GUP presso il Tribunale…

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