Il giudice, nel riconoscere la recidiva reiterata dell'imputato, è tenuto ad applicare il limite minimo di aumento della pena per il reato continuato, anche quando tale recidiva sia stata ritenuta equivalente alle circostanze attenuanti generiche, senza procedere all'aggravamento della pena correlato alla suddetta circostanza. Ciò in quanto il regime di aumento obbligatorio per la continuazione, previsto dalla legge nei confronti dei soggetti recidivi reiterati, opera comunque, indipendentemente dalla valutazione di equivalenza effettuata dal giudice in relazione alla recidiva. Tale principio mira a garantire il rispetto del canone di proporzionalità della pena, assicurando un adeguato trattamento sanzionatorio per i reati commessi in forma continuata da soggetti che abbiano dimostrato una spiccata inclinazione a delinquere. La sua applicazione, pertanto, non può essere esclusa sulla base di una mera valutazione di equivalenza tra la recidiva e le circostanze attenuanti, dovendo il giudice procedere comunque all'aumento della pena nel minimo previsto dalla legge per il reato continuato, al fine di realizzare una risposta punitiva proporzionata alla gravità complessiva della condotta illecita e alla pericolosità sociale dell'imputato.