Il falso in atto pubblico commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, attestando falsamente dimensioni di un'area pubblica inferiori al reale, al fine di favorire indebitamente un soggetto privato, integra il delitto di cui all'art. 479 c.p. anche qualora il pubblico agente non abbia un diretto interesse personale nell'operazione, essendo sufficiente che l'attestazione falsa sia idonea a recare un ingiusto vantaggio al privato beneficiario. Inoltre, la conoscenza della situazione irregolare da parte di altri pubblici agenti, quali assessori o funzionari, che abbiano partecipato a deliberazioni o atti successivi sulla base della falsa attestazione, comporta la loro responsabilità per il medesimo reato di falso in atto pubblico, in quanto consapevoli della falsità e non avendo adottato le necessarie misure correttive. Infine, la prescrizione del reato di falso in atto pubblico, pur maturata dopo la sentenza di appello, è operativa nei confronti dell'imputato, determinando l'annullamento della condanna agli effetti penali, fermo restando l'obbligo di rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile.