Il contratto di cessione di quota societaria, anche se articolato in più scritture private, costituisce un unico negozio giuridico il cui prezzo, determinato in modo complessivo e definitivo dalle parti, risulta inequivocabilmente ripartito tra il nudo proprietario e l'usufruttuario della quota ceduta. La seconda scrittura privata, pur qualificata dalle parti come "controscrittura" e "rivalutazione" del prezzo, non integra un nuovo contratto modificativo del precedente, ma rappresenta una mera controdichiarazione rispetto all'accordo già perfezionato, senza che possa ravvisarsi alcuna carenza di causa o donazione occulta. L'accertamento in fatto della volontà negoziale delle parti, operato dal giudice di merito attraverso l'interpretazione complessiva delle risultanze probatorie, è incensurabile in sede di legittimità, salvo che per vizi logici o giuridici della motivazione, non potendosi sindacare la valutazione delle prove effettuata secondo il prudente apprezzamento del giudice. Analogamente, l'esclusione della violenza morale quale vizio del consenso è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, se adeguatamente motivata, così come l'accertamento dell'insussistenza di una cessione di azienda tale da integrare la fattispecie di cui all'art. 2557 c.c.