Il giudice di merito, nel decidere sull'appello avverso l'ordinanza che ha respinto l'istanza di revoca o sostituzione di una misura cautelare personale, è vincolato dall'effetto devolutivo proprio di tale impugnazione, che circoscrive la sua cognizione ai soli motivi dedotti, senza poter riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo originario. Pertanto, il giudice dell'appello deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la adeguatezza motivazionale dell'ordinanza impugnata in relazione agli eventuali nuovi elementi, preesistenti o sopravvenuti, dedotti dalla difesa e ritenuti idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o ad escludere le esigenze cautelari. Il mero decorso del tempo di esecuzione della misura cautelare o l'osservanza delle relative prescrizioni non sono di per sé sufficienti a dimostrare l'attenuazione o l'esclusione delle esigenze cautelari, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione originariamente apprezzata. Ove il giudice dell'appello non riconosca la novità o la decisività dei nuovi elementi dedotti, è sufficiente che dia atto delle ragioni giustificatrici di tale mancato riconoscimento, senza dover rinnovare l'intera motivazione già svolta in occasione di precedenti provvedimenti.