Il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa all'esito dell'udienza preliminare non è limitato ai soli effetti civili della decisione, in quanto tale impugnazione è finalizzata alla tutela degli interessi penalistici della persona offesa dal reato. Pertanto, in caso di accoglimento del ricorso, l'eventuale annullamento della sentenza impugnata comporta il rinvio della causa al giudice penale competente per l'udienza preliminare, e non al giudice civile. Tale interpretazione, pur trovando fondamento nel dato letterale del novellato art. 428, comma 2, c.p.p., introdotto dalla L. n. 46 del 2006, che ha ampliato la legittimazione della persona offesa a impugnare la sentenza di non luogo a procedere, non è esente da dubbi di legittimità costituzionale. Infatti, da un lato, la limitazione ai soli effetti civili del ricorso della parte civile appare in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in quanto incompatibile con la natura della decisione conclusiva dell'udienza preliminare, priva di effetti irrevocabili sul merito della controversia. Dall'altro lato, l'interpretazione che riconosce alla parte civile la legittimazione a impugnare anche agli effetti penali sembra parimenti in contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto irragionevole l'abrogazione, ad opera della stessa L. n. 46 del 2006, dell'art. 577 c.p.p., che costituiva l'unico caso di impugnazione della parte civile ai fini penali previsto dal sistema e dichiarato costituzionalmente compatibile.