L'amministrazione ha l'obbligo di concludere il procedimento amministrativo, iniziato su istanza di parte, con un provvedimento espresso e motivato entro un termine ragionevole. In caso di inerzia o silenzio-rifiuto dell'amministrazione, il giudice amministrativo può dichiarare l'obbligo di provvedere e, in caso di persistente inadempimento, nominare un commissario ad acta per l'adozione del provvedimento in sostituzione dell'amministrazione. Il mancato esercizio del potere amministrativo entro il termine ragionevole configura un'illegittima omissione, che determina la condanna dell'amministrazione al pagamento delle spese di giudizio. Il principio di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, sancito dall'art. 97 della Costituzione, impone all'amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, al fine di garantire la certezza dei rapporti giuridici e il rispetto dei diritti e degli interessi dei cittadini. L'obbligo di provvedere entro un termine ragionevole, previsto dalla legge n. 241/1990, costituisce un corollario del principio di buon andamento e mira a prevenire i danni derivanti dall'inerzia o dal ritardo dell'amministrazione nell'adozione del provvedimento finale. Il giudice amministrativo, nell'esercizio del proprio sindacato, verifica la legittimità del comportamento omissivo dell'amministrazione e, in caso di accertata violazione, può ordinare l'adozione del provvedimento, anche attraverso la nomina di un commissario ad acta, al fine di assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale e il rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa.