Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 17237 del 6 maggio 2010

ECLI:IT:CASS:2010:17237PEN

Massima

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La minaccia rivolta dai privati nei confronti di pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, al fine di condizionarne l'operato e costringerli a compiere atti contrari ai loro doveri d'ufficio, integra il reato di cui all'art. 336 c.p. (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), a prescindere dal fatto che l'atto di ufficio cui la minaccia è diretta sia già stato compiuto o meno. Ciò in quanto la condotta criminosa deve essere valutata nel suo complesso, senza frazionarla, in relazione all'obiettivo di limitare la libertà morale del pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni, indipendentemente dal momento specifico in cui la minaccia è stata proferita. La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che l'idoneità della minaccia a integrare il reato di cui all'art. 336 c.p. deve essere valutata ex ante, sulla base di un giudizio prognostico, e che il momento consumativo del reato coincide con la realizzazione della condotta minacciosa, a prescindere dall'effettivo compimento o meno dell'atto di ufficio cui essa era diretta.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE ROBERTO Giovanni - Presidente

Dott. MANNINO Saverio F. - Consigliere

Dott. SERPICO Francesco - Consigliere

Dott. GRAMENDOLA Francesc - rel. Consigliere

Dott. COLLA Giorgio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) BU. DO. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 1663/2006 CORTE APPELLO di TARANTO, del 22/10/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAMENDOLA ((omissis));

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VOLPE Giuseppe che ha concluso per la inammissibilita' del ricorso.

Osserva in:

FAT…

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