Nel delitto di falsa testimonianza, essendo persona offesa solo lo Stato, il privato, pur se costituito parte civile, non è legittimato a proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere. Tale principio si fonda sulla natura pubblicistica del reato di falsa testimonianza, che lede l'interesse dello Stato all'accertamento della verità processuale e al corretto svolgimento dell'attività giurisdizionale, e non quello del privato. Pertanto, solo lo Stato, attraverso il Pubblico Ministero, può impugnare la decisione di non luogo a procedere per tale fattispecie delittuosa, non essendo riconosciuta al privato parte civile una posizione di legittimazione autonoma all'impugnazione. Tale orientamento, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, risponde all'esigenza di evitare un'indebita sovrapposizione tra l'interesse pubblico, tutelato dal reato di falsa testimonianza, e l'interesse privato del danneggiato, il quale può far valere le proprie ragioni civilistiche in sede diversa dal giudizio penale. La declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dalla parte civile comporta, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, quale sanzione per l'abuso del diritto di impugnazione.