Cassazione penale Sez. III sentenza n. 37584 del 3 ottobre 2008

ECLI:IT:CASS:2008:37584PEN

Massima

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La qualifica di incaricato di pubblico servizio, ai fini della legge penale, deve essere riconosciuta ai dipendenti dell'azienda sanitaria locale, in quanto la privatizzazione del rapporto di impiego e della disciplina di alcuni settori di attività delle strutture del servizio sanitario nazionale non ne elimina la rilevanza pubblica, determinata dalle oggettive finalità di tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse collettivo. In particolare, per la sussistenza di tale qualifica, non si deve far riferimento alla normativa lavoristica, bensì allo spirito della legge penale, secondo la quale occorre valutare le caratteristiche delle mansioni in concreto espletate, essendo da definirsi di interesse pubblico le attività sanitarie di natura paramedica, non esaurentesi in compiti meramente materiali, ma implicanti anche attività di assistenza al malato. Pertanto, il lavoratore addetto ai servizi socio-sanitari, anche se con qualifica di ausiliario specializzato, può essere qualificato come incaricato di pubblico servizio, qualora svolga mansioni che, pur non esaurendosi in compiti meramente materiali, implicano attività di assistenza al paziente, con margini di autonomia nella programmazione degli interventi assistenziali. La valutazione della credibilità soggettiva ed oggettiva delle dichiarazioni provenienti dalla parte offesa del reato deve essere effettuata secondo i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, valorizzando la genesi spontanea del racconto, la reiterazione dello stesso in termini di assoluta omogeneità, l'esclusione di intenti vendicativi o di rivalsa in capo alla vittima e l'apprezzamento della precisione nella esposizione di dettagli. L'attenuante prevista dall'ultimo comma dell'art. 609-bis c.p. deve ritenersi applicabile solo in quelle fattispecie in cui, avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell'azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compressa in maniera non grave, imponendosi una valutazione globale del fatto riferita a tutte le modalità che hanno caratterizzato la condotta criminosa, ove assumono rilievo il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, il danno arrecato alla parte offesa anche in termini psichici. La recidiva, ai fini dell'aggravamento della pena, può essere ritenuta anche in relazione a precedenti condanne per reati sessuali, a prescindere dalla circostanza che per alcuni di essi sia intervenuta una sentenza di patteggiamento.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico - Presidente

Dott. PETTI Ciro - Consigliere

Dott. TERESI Alfredo - Consigliere

Dott. SENSINI ((omissis)) - Consigliere

Dott. GAZZARA Santi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

1) DI. BU. FL. , N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 01/10/2007 CORTE APPELLO di BRESCIA;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. SENSINI ((omissis));

Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. DI CASOLA Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 - Con sentenza in data 1/10/2007, la Corte di Appello di Brescia c…

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