Il reato di resistenza a pubblico ufficiale si configura quando l'agente, con condotta violenta e minacciosa, si oppone all'esercizio di una pubblica funzione, indipendentemente dalla legittimità o meno dell'intervento del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che l'attività di quest'ultimo rientri nell'ambito delle sue attribuzioni. In tali casi, la reazione dell'agente, anche se provocata da un comportamento arbitrario del pubblico ufficiale, non può essere giustificata in quanto la legge penale tutela l'autorità e il prestigio della pubblica amministrazione, a prescindere dalla correttezza dell'operato del pubblico ufficiale. Pertanto, il giudice, nel valutare la sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale, deve esclusivamente accertare la condotta violenta e minacciosa dell'agente nei confronti del pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, senza entrare nel merito della legittimità dell'intervento di quest'ultimo. La tutela dell'ordine pubblico e del regolare svolgimento delle funzioni pubbliche prevale sulla valutazione della correttezza dell'operato del pubblico ufficiale, la quale potrà eventualmente essere oggetto di separata valutazione in altra sede processuale.