Il Comune, nell'esercizio della propria potestà regolamentare in materia di installazione di impianti pubblicitari su suolo pubblico, può legittimamente introdurre limiti quantitativi e dimensionali agli stessi, in ragione della limitatezza degli spazi disponibili e della necessità di contemperare molteplici interessi pubblici, quali quelli di natura urbanistica, edilizia, economica, culturale e viaria. Tale contingentamento, lungi dal porsi in contrasto con il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica, rappresenta uno strumento per garantirne la piena attuazione, consentendo l'accesso al mercato anche a nuovi operatori. L'Amministrazione comunale, pertanto, nel valutare le istanze di autorizzazione all'installazione di impianti pubblicitari, è tenuta ad applicare la normativa regolamentare vigente al momento della decisione, in ossequio al principio del "tempus regit actum", senza che ciò determini una violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi. Inoltre, ove l'atto di diniego sia fondato su più ragioni, di cui almeno una idonea a determinare il rigetto dell'istanza, risulta superfluo l'espletamento di ulteriori adempimenti procedimentali, non essendo necessario istruire la medesima attraverso l'integrazione documentale ovvero la convocazione di una conferenza di servizi.