Il pubblico ufficiale che, abusando della propria posizione e funzione, induce il privato a promettere o consegnare una somma di denaro per orientare favorevolmente una controversia tributaria pendente, pur non avendo adottato atti rientranti nella propria specifica sfera funzionale, integra il reato di corruzione per l'esercizio della funzione di cui all'art. 318 c.p., e non quello di induzione indebita di cui all'art. 319-quater c.p., qualora non emerga una condotta prevaricatrice del pubblico ufficiale tale da determinare una condizione di soggezione psicologica del privato. Ai fini della corretta qualificazione giuridica della condotta, è necessario accertare se il pubblico ufficiale si sia "messo a disposizione" del privato per risolvere favorevolmente le questioni legate al contenzioso tributario, in assenza di prove circa la commissione di un atto contrario ai doveri di ufficio. La fattispecie di corruzione per l'esercizio della funzione, essendo meno grave rispetto all'induzione indebita, risulta più favorevole per l'imputato.