La sanzione pecuniaria prevista dall'art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) per l'esecuzione di opere in assenza di autorizzazione paesaggistica deve essere quantificata in relazione al profitto conseguito dall'autore dell'abuso, senza l'applicazione di un criterio minimo predeterminato basato sul costo teorico di realizzazione delle opere, in quanto tale criterio è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale. Pertanto, l'amministrazione competente è tenuta a rideterminare la sanzione pecuniaria applicabile, esclusivamente sulla base del profitto conseguito, senza poter applicare una sanzione minima predeterminata per legge, anche nell'ipotesi in cui non sia possibile accertare con precisione l'entità del profitto. La mancata o difficoltosa quantificazione del profitto non esclude l'applicazione della sanzione pecuniaria, la quale deve comunque essere commisurata al profitto conseguito, ove accertabile, o determinata in via equitativa dall'amministrazione competente, in assenza di elementi certi sulla sua entità. La declaratoria di illegittimità costituzionale della norma regionale che prevedeva il criterio minimo del costo teorico di realizzazione delle opere comporta l'annullamento del provvedimento sanzionatorio adottato in applicazione di tale criterio, con conseguente obbligo per l'amministrazione di ricalcolare la sanzione pecuniaria nel rispetto dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale.