Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'istituto della messa alla prova di cui all'art. 168-bis c.p. e art. 464-bis c.p.p., introdotto dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, non è applicabile nel giudizio di impugnazione davanti alla Corte d'Appello o alla Corte di Cassazione, in quanto il beneficio dell'estinzione del reato, connesso all'esito positivo della prova, presuppone lo svolgimento di un iter processuale alternativo alla celebrazione del giudizio. Pertanto, l'imputato non può chiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova né può sollecitare l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito per l'applicazione di tale istituto. Tale interpretazione restrittiva non contrasta con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto la Corte di Cassazione ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 464-bis, comma 2, c.p.p. per la parte in cui non consente l'applicazione dell'istituto ai procedimenti pendenti al momento dell'entrata in vigore della citata legge, quando sia già decorso il termine finale previsto per la presentazione della relativa istanza.