Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è il seguente: La partecipazione ad una rissa, anche se motivata dalla necessità di difendere sé o altri da un'aggressione, non può essere scriminata dalla legittima difesa, in quanto in una rissa vi è sempre reciprocità di intenti offensivi tra i partecipanti, a prescindere da chi abbia sferrato il primo colpo. Pertanto, il mero fatto che l'imputato sia intervenuto nella colluttazione per difendere un amico aggredito non è sufficiente a configurare la scriminante della legittima difesa, dovendo accertarsi che il suo comportamento fosse connotato esclusivamente da finalità difensive e non anche da intenti offensivi reciproci tipici della rissa. La valutazione delle circostanze fattuali compiuta dal giudice di merito, se adeguatamente motivata, non può essere sindacata in sede di legittimità, essendo precluso al giudice di cassazione il riesame degli elementi probatori, salvo il caso di travisamento della prova, non ravvisabile nella specie.