Il pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle proprie funzioni, attesta falsamente la regolarità di un procedimento amministrativo al fine di procurare un ingiusto vantaggio a un privato, commette il reato di falso ideologico in atto pubblico. Tale condotta integra altresì gli estremi dell'abuso d'ufficio, in quanto il pubblico agente agisce con dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio, violando i doveri inerenti alla funzione o al servizio e arrecando un danno alla pubblica amministrazione. La valutazione della sussistenza di tali reati non può prescindere da un esame complessivo e approfondito di tutte le condotte contestate, al fine di cogliere l'interconnessione tra le diverse violazioni, anche in relazione all'elemento soggettivo degli imputati. Il giudice, nel pronunciare una sentenza di non luogo a procedere, è tenuto a motivare in modo congruo e completo in relazione a tutti i capi di imputazione, senza omettere alcuna valutazione, al fine di verificare la sostenibilità dell'accusa in giudizio.