Il reato di minaccia grave, perseguibile d'ufficio, sussiste quando l'agente, con parole o comportamenti idonei a incutere timore nella vittima, la minacci di morte o di altro grave danno, indipendentemente dall'uso di un'arma. La valutazione della gravità della minaccia e della sua idoneità a integrare il reato di violenza privata è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il cui accertamento non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione logica e immune da vizi di illogicità manifesta. Tuttavia, ove il capo di imputazione contesti anche la minaccia grave, oltre all'aggravante dell'uso dell'arma, il reato è perseguibile d'ufficio, a prescindere dall'accertamento della circostanza aggravante, in quanto la gravità della minaccia di morte rende il fatto autonomamente rilevante sul piano penale. In tal caso, l'annullamento della sentenza con rinvio per nuovo giudizio sul punto è necessario al fine di pronunciarsi sulle statuizioni civili, a prescindere dalla eventuale sopravvenuta prescrizione del reato.