Il reato di estorsione si configura quando l'agente, mediante minaccia, costringe la vittima a consegnare ingiustamente un profitto di natura patrimoniale, a prescindere dall'effettivo danno subito dalla persona offesa. La minaccia, anche se non esplicitamente diretta alla vittima, ma proferita in sua presenza da uno o più concorrenti, è idonea a integrare il reato di estorsione qualora risulti oggettivamente idonea a incutere timore nella vittima e a indurla a consegnare il denaro o altro bene. Il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale deve valutare tutti gli elementi rilevanti ai sensi dell'art. 133 c.p., senza che tale valutazione sia censurabile in sede di legittimità, salvo che non risulti affetta da manifesta illogicità o irragionevolezza. La determinazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale deve adeguarla ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p., senza che tale valutazione sia censurabile in sede di legittimità, salvo che non risulti frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.