Il recesso unilaterale dal contratto di appalto pubblico da parte della Pubblica Amministrazione, pur essendo espressione di un potere potestativo che non richiede la sussistenza di particolari presupposti, deve essere esercitato nel rispetto della disciplina legale e contrattuale applicabile. Pertanto, qualora il contratto preveda espressamente la facoltà di rescissione in ipotesi tassativamente indicate, attinenti all'inadempimento dell'appaltatore, tale facoltà non può essere ricondotta a un diritto di recesso ad nutum, con conseguente esclusione dell'obbligo di corrispondere l'indennizzo previsto dall'art. 1671 c.c. In tali casi, l'Amministrazione può procedere alla risoluzione del contratto solo in presenza delle specifiche condizioni contrattuali, senza poter invocare generici motivi di opportunità, e il relativo provvedimento, configurandosi come una risoluzione per inadempimento disposta in via autoritativa, comporta il diritto dell'appaltatore all'indennizzo ai sensi dell'art. 1671 c.c. L'interpretazione del contratto deve privilegiare il criterio letterale, attribuendo prevalente rilievo al significato delle espressioni utilizzate e al loro reciproco collegamento, rispetto agli altri criteri ermeneutici, che rivestono carattere meramente sussidiario e complementare.