L'ampliamento di un'azienda faunistico-venatoria, pur non costituendo formalmente l'istituzione di una nuova azienda, comporta comunque una deroga al principio generale della libera fruizione dei beni pubblici e, pertanto, richiede una previa, motivata ponderazione comparativa tra la gestione pubblica e quella privata della caccia, al fine di verificare quale modello meglio persegua l'interesse pubblico alla conservazione della fauna e alla tutela dell'ambiente. Ciò in quanto la riserva di una porzione del territorio alla esclusiva gestione economica di un'azienda faunistico-venatoria si pone come eccezione alla programmazione pubblica del prelievo venatorio, la quale è comunque assoggettata a limiti percentuali complessivi sull'intero territorio regionale. Pertanto, l'ampliamento di un'azienda faunistico-venatoria non differisce, quanto agli interessi coinvolti, dalla istituzione di una nuova azienda, di talché anche in tale ipotesi la pubblica amministrazione è tenuta a svolgere una previa valutazione comparativa tra i due modelli di gestione, pubblico e privato, al fine di verificare quale di essi meglio realizzi l'interesse pubblico alla conservazione della fauna e alla tutela dell'ambiente, senza che possa rilevare la modesta entità dell'ampliamento richiesto. La mancanza di tale valutazione comparativa integra un vizio di legittimità dell'atto di ampliamento, che deve essere annullato, con conseguente necessità di rinnovare integralmente il procedimento amministrativo.