Il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) si configura quando le condotte moleste, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici, siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero a modificare significativamente le sue abitudini di vita, incidendo sulla sua libertà e serenità psichica. Tali condotte, che possono concretizzarsi in pedinamenti, appostamenti, minacce dirette o indirette, creazione di falsi profili social, affissione di immagini, devono essere valutate complessivamente, anche in relazione alla loro intensità e durata, al fine di accertare la sussistenza dell'elemento psicologico del dolo e la gravità della condotta, elementi rilevanti ai fini della concessione o meno delle circostanze attenuanti generiche. L'attendibilità della persona offesa, quale testimone chiave, deve essere valutata dal giudice di merito secondo i consolidati criteri giurisprudenziali, senza che il giudizio di legittimità possa sindacare tale valutazione, se non in presenza di manifeste contraddizioni o illogicità.