Il parere paesaggistico reso dalla Soprintendenza oltre il termine di 45 giorni previsto dalla legge perde il suo carattere vincolante, degradando a mero parere istruttorio, sicché l'amministrazione comunale procedente deve valutarlo criticamente e motivatamente, potendosene anche discostare, nell'ambito di una propria autonoma e congrua valutazione della compatibilità paesaggistica dell'intervento edilizio proposto. Il mancato rispetto del termine perentorio da parte della Soprintendenza non determina l'illegittimità del parere, ma comporta che esso, pur rimanendo un atto endoprocedimentale di cui l'amministrazione comunale deve tener conto, non possa essere considerato come vincolante ai fini dell'adozione del provvedimento finale di diniego del permesso di costruire o dell'autorizzazione paesaggistica. L'amministrazione comunale, pertanto, è tenuta a procedere ad una valutazione autonoma e motivata della compatibilità paesaggistica dell'intervento, senza limitarsi a recepire acriticamente il parere negativo tardivamente reso dalla Soprintendenza.