Il diniego del permesso di soggiorno per lavoro subordinato è legittimo quando lo straniero, già destinatario di un precedente provvedimento di espulsione, non abbia ottenuto la speciale autorizzazione del Ministro dell'interno per rientrare nel territorio nazionale, come previsto dall'art. 13, commi 13 e 14, del d.lgs. n. 286/1998. In tal caso, infatti, mancano i requisiti richiesti per l'ingresso in Italia, ai sensi dell'art. 5, comma 5, del medesimo decreto legislativo, e l'Amministrazione è vincolata a negare il permesso di soggiorno, a prescindere dalla sussistenza di un valido contratto di lavoro. La tardiva adozione del provvedimento di diniego non inficia la legittimità dello stesso, in quanto l'Amministrazione non avrebbe potuto provvedere diversamente. Inoltre, la disparità di trattamento rispetto ad altri stranieri non può essere invocata in relazione ad atti amministrativi vincolati, mentre l'omessa traduzione del provvedimento in lingua araba può rilevare solo ai fini dell'eventuale rimessione in termini per la proposizione del ricorso, senza incidere sulla legittimità del diniego.