Cassazione penale Sez. V sentenza n. 23093 del 12 giugno 2012

ECLI:IT:CASS:2012:23093PEN

Massima

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Il comportamento violento e lesivo di un atleta durante una competizione sportiva, pur se non intenzionalmente diretto a cagionare lesioni all'avversario, non può essere scriminato ai sensi dell'art. 50 c.p. come esercizio dell'attività sportiva, in quanto l'attività sportiva, per essere lecita, deve svolgersi nel rispetto delle regole di condotta e di lealtà previste dalla disciplina di riferimento. Pertanto, l'atleta che, durante una competizione, ponga in essere condotte violente e lesive nei confronti dell'avversario, anche se non intenzionalmente dirette a cagionare lesioni, è comunque responsabile civilmente per i danni cagionati, in quanto tali condotte, pur rientrando nell'ambito dell'attività sportiva, eccedono i limiti dell'esercizio consentito e configurano un illecito civile risarcibile. La valutazione della sussistenza o meno della scriminante dell'esercizio dell'attività sportiva, ai sensi dell'art. 50 c.p., deve essere effettuata sulla base di un attento esame delle circostanze del caso concreto, tenendo conto della dinamica dell'evento, della gravità delle lesioni cagionate, nonché del rispetto o meno delle regole di condotta e di lealtà proprie della disciplina sportiva di riferimento. In particolare, l'atleta che, durante una competizione, ponga in essere condotte violente e lesive nei confronti dell'avversario, anche se non intenzionalmente dirette a cagionare lesioni, non può invocare la scriminante dell'esercizio dell'attività sportiva ai sensi dell'art. 50 c.p., in quanto tali condotte, pur rientrando nell'ambito dell'attività sportiva, eccedono i limiti dell'esercizio consentito e configurano un illecito civile risarcibile. La valutazione della sussistenza o meno della scriminante dell'esercizio dell'attività sportiva deve essere effettuata sulla base di un attento esame delle circostanze del caso concreto, tenendo conto della dinamica dell'evento, della gravità delle lesioni cagionate, nonché del rispetto o meno delle regole di condotta e di lealtà proprie della disciplina sportiva di riferimento. Pertanto, il giudice, nel valutare la sussistenza della scriminante dell'esercizio dell'attività sportiva ai sensi dell'art. 50 c.p., deve verificare se la condotta dell'atleta, pur rientrando nell'ambito dell'attività sportiva, abbia ecceduto i limiti dell'esercizio consentito, configurando un illecito civile risarcibile.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRUA ((omissis)) del 03/04/2 -

Dott. DUBOLINO ((omissis)) SENTE -

Dott. DE BERARDINIS ((omissis)) N. -

Dott. PALLA ((omissis)) REGISTRO GENER -

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo G. rel. Consigliere N. 10503/2 -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) (OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 857/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del 12/11/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/04/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO;

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Scardaccione, ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.

P…

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