Il diritto di critica politica, esercitato da un consigliere comunale di minoranza nei confronti del sindaco e della maggioranza consiliare, non configura il reato di diffamazione a mezzo stampa, purché le espressioni utilizzate, pur polemiche, siano strettamente funzionali alla finalità di disapprovazione e non trasmondino in una gratuita ed immotivata aggressione della reputazione altrui. Pertanto, il giudice deve valutare il contesto dialettico in cui le affermazioni sono state espresse, l'interesse pubblico sotteso ai fatti narrati e l'eventuale sussistenza di un legittimo esercizio del controllo democratico sugli esponenti politici, senza limitarsi a un mero elenco di espressioni ritenute offensive. Inoltre, il requisito della verità dei fatti narrati assume rilievo più limitato rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica politica, per sua natura congetturale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva e asettica, purché prenda spunto da notizie vere e si connoti di pubblico interesse, senza trascendere in un attacco personale.