Il diritto di difesa legittima, reale o putativa, e l'eccesso colposo nella stessa, costituiscono un giudizio di fatto rimesso alla valutazione del giudice di merito, il quale deve esaminare le specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie, secondo un apprezzamento relativo e non astratto. La legittima difesa non può essere riconosciuta quando l'agente non abbia un diritto esclusivo sulla cosa oggetto della condotta difensiva e la reazione sia stata consapevolmente sproporzionata rispetto alla necessità di tutelare tale diritto, essendo irrilevanti i meri timori e le vaghe supposizioni dell'agente. Parimenti, la legittima difesa putativa presuppone la ragionevole persuasione dell'agente di versare in una situazione di pericolo che determini la necessità di un'azione difensiva, valutata in relazione alla situazione oggettiva di fatto, senza che possano rilevare semplici stati d'animo e timori personali. L'errore dell'agente, per essere scusabile e integrare la scriminante putativa, deve trovare causa in un fatto accertato che abbia l'idoneità a far sorgere tale erroneo convincimento.