Il ritardo della pubblica amministrazione nell'adozione di un provvedimento amministrativo richiesto dal privato, pur costituendo di per sé una violazione dell'obbligo di concludere il procedimento entro il termine di legge, non determina automaticamente il diritto al risarcimento del danno in capo al privato istante. Ai fini del riconoscimento del risarcimento, è necessario che il privato abbia tempestivamente attivato gli strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, come l'azione avverso il silenzio-inadempimento, al fine di evitare o contenere il danno derivante dal ritardo. Qualora il privato non abbia esperito tali rimedi, pur essendo ancora nei termini per farlo, il danno sarà considerato evitabile con l'ordinaria diligenza e, pertanto, non risarcibile. Diversamente, il danno sarà integralmente imputabile alla condotta omissiva della pubblica amministrazione e, dunque, risarcibile, nei limiti della prova fornita dal privato in ordine all'effettiva entità del pregiudizio subito. Il giudice, in assenza di prova certa del danno, potrà procedere alla sua quantificazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c. Infine, gli interessi sul risarcimento dovuto decorrono dalla data di verificazione del danno, ossia dal momento in cui è scaduto il termine per la conclusione del procedimento, e non dalla data di sottoscrizione di un eventuale contratto, trattandosi di mero refuso del giudice di primo grado.