Il pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle sue funzioni, riceve denaro o altra utilità economica in cambio di atti del proprio ufficio, commette il reato di corruzione. Tale condotta è punita penalmente, a prescindere dalla qualificazione giuridica attribuita al soggetto agente, essendo sufficiente che egli rivesta la qualifica di incaricato di pubblico servizio. L'epoca di consumazione del reato di corruzione coincide con il momento della dazione o della promessa della utilità economica, non con quello dell'esecuzione degli atti richiesti. Pertanto, il termine di prescrizione del reato decorre dalla data della dazione o della promessa, non dalla data di compimento degli atti oggetto della condotta corruttiva. Eventuali errori nella ricostruzione dei fatti o nella valutazione delle prove, così come divergenze nel trattamento sanzionatorio di posizioni analoghe, non configurano errori di fatto, bensì errori di diritto, insuscettibili di essere corretti mediante il ricorso straordinario per correzione di errore materiale o di fatto previsto dall'art. 625-bis c.p.p.