La massima giuridica che si può estrarre dalla sentenza è la seguente: L'amministrazione regionale può legittimamente disporre la sospensione dell'attività estrattiva in una cava qualora accerti gravi e diffuse difformità rispetto al progetto autorizzato, quali la realizzazione di fronti di cava sub-verticali, l'abbassamento della quota del piazzale di cava oltre i limiti autorizzati e la mancata ricomposizione ambientale delle aree sfruttate, in quanto tali inosservanze integrano i presupposti di cui all'art. 26 della legge regionale n. 54/1985 per l'adozione di provvedimenti cautelativi, anche in assenza di un pericolo imminente per la sicurezza delle maestranze. Inoltre, l'accertamento dell'avvenuto esaurimento del quantitativo di materiale autorizzato all'estrazione e l'inerzia del concessionario nel presentare un nuovo progetto di coltivazione, nonostante l'invito dell'amministrazione, legittimano la declaratoria di estinzione dell'autorizzazione originaria ai sensi dell'art. 13 della medesima legge regionale. In tali ipotesi, l'amministrazione non è tenuta a esperire il contraddittorio procedimentale previsto dalla legge n. 241/1990, essendo sufficiente la previa diffida a provvedere, atteso che il concessionario è già a conoscenza delle violazioni contestate.