Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La diffida ex art. 29-decies, comma 9, del d.lgs. n. 152/2006 può essere legittimamente adottata dalla pubblica amministrazione solo in presenza di accertate violazioni delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) vigente, non potendo invece avere ad oggetto la necessità di implementare o precisare ulteriormente tali prescrizioni in sede di riesame dell'AIA. Pertanto, la diffida è illegittima qualora la pubblica amministrazione, nel motivarla, si limiti a rappresentare la necessità di fornire maggiore dettaglio alle prescrizioni dell'AIA vigente, senza contestare specifiche inosservanze da parte del gestore dell'impianto. Inoltre, la diffida non può essere fondata su profili gestionali che sono stati successivamente superati con l'adozione di una nuova AIA riesaminata, la quale ha definitivamente disciplinato le modalità di verifica dei rifiuti in ingresso e di gestione dei residui di amianto, senza che sia stata adottata alcuna ulteriore sanzione nei confronti del gestore. In tali casi, il ricorso avverso la diffida deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, non residuando nemmeno un profilo risarcitorio specificamente dedotto.