La massima giuridica che si può estrarre dalla sentenza è la seguente: L'ordine di demolizione di opere edilizie realizzate in difformità dal titolo abilitativo può essere legittimamente adottato dall'amministrazione comunale, senza necessità di previa comunicazione di avvio del procedimento, qualora l'interessato non abbia presentato istanza di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 o non abbia dimostrato la sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'istituto della "fiscalizzazione" di cui all'art. 34, comma 2, del medesimo decreto. Tuttavia, l'ordine di demolizione non può essere eseguito qualora comporti un grave pregiudizio statico per la parte dell'immobile realizzata in conformità al titolo abilitativo, essendo in tal caso necessario valutare la possibilità di una parziale demolizione o di altre soluzioni alternative che consentano di salvaguardare la parte conforme. Il comproprietario dell'area su cui insiste l'opera abusiva, pur non essendo il diretto responsabile dell'abuso, è comunque soggetto passivamente legittimato all'ordine di demolizione ai sensi dell'art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001. Il verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione non costituisce atto autonomamente impugnabile, in quanto atto endoprocedimentale, essendo impugnabile solo il successivo provvedimento con cui l'amministrazione dichiara formalmente la mancata esecuzione dell'ordine di riduzione in pristino.