La normativa tecnica di un piano per gli insediamenti produttivi che prevede in maniera tassativa e stringente la destinazione delle aree esclusivamente per "insediamenti produttivi" e "processi produttivi", con espressa esclusione di "qualsiasi manufatto che non sia in stretta attinenza con il processo di lavorazione", impedisce l'insediamento di attività commerciali, intese come attività di intermediazione nella circolazione dei beni, in quanto non rientranti nella tipologia di attività ammesse dalla disciplina di piano. Tale previsione normativa, di carattere eccezionale e derogatorio rispetto alla nozione generale di "insediamento produttivo", prevale sulla eventuale configurabilità di un rapporto di continenza tra tale nozione e quella di attività commerciale, non incidendo sulla legittimità del diniego opposto dall'amministrazione comunale all'istanza di permesso di costruire per la realizzazione di un immobile ad uso commerciale nell'ambito di una zona P.I.P. Inoltre, il principio di affidamento non può essere invocato dalla società acquirente dell'area, in quanto estranea alla procedura di assegnazione delle aree del P.I.P. in cui era stata ammessa la partecipazione anche di imprese commerciali, essendo tale posizione giuridica sorta in un momento successivo e diverso rispetto a tale procedura. Infine, la valutazione della compatibilità dimensionale del manufatto erigendo, pur se non esaminata dal giudice di primo grado, risulta comunque inconferente ai fini della decisione, in quanto, anche ove fondata, non avrebbe potuto condurre ad un esito diverso del ricorso, né all'accoglimento di una eventuale domanda risarcitoria.