Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La fungibilità della pena, ai sensi dell'art. 657 c.p.p., non può essere riconosciuta per il periodo di custodia cautelare sofferto per reati dai quali l'imputato è stato successivamente prosciolto, qualora i reati per i quali è stata inflitta la pena da eseguire siano di natura permanente e la loro permanenza sia cessata in epoca successiva alla cessazione della custodia cautelare per i reati dai quali l'imputato è stato prosciolto. Ciò in quanto, a differenza del reato continuato, il reato permanente ha una struttura unitaria incompatibile con la scomposizione in una pluralità di reati in parte anteriori e in parte posteriori alla cessazione dello stato detentivo per altro fatto. Pertanto, l'accertamento contenuto nella sentenza di condanna delimita la protrazione temporale della permanenza del reato, sicché la successiva prosecuzione della medesima condotta illecita può essere valutata esclusivamente quale presupposto per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i vari episodi, ma non può essere considerata ai fini della detrazione della pena ai sensi dell'art. 657 c.p.p.