La coltivazione di una cava di calcare, anche se sospesa o autorizzata al solo recupero ambientale, costituisce attività estrattiva autorizzata ai sensi dell'art. 3 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regionale delle Attività Estrattive, con la conseguenza che il titolare della cava ha diritto di presentare un nuovo progetto di coltivazione e recupero ambientale, ai sensi dell'art. 27 del medesimo Piano, entro il termine decadenziale di sei mesi dalla riclassificazione dell'area in cui la cava è ubicata come "area di crisi". L'Amministrazione regionale, nel valutare tali istanze, è tenuta a considerare la situazione di fatto della cava, anche se precedentemente dichiarata decaduta, e non può negare l'autorizzazione al proseguimento dell'attività estrattiva, limitandosi alla sola ricomposizione ambientale, ove ricorrano i presupposti di legge. Il mancato riconoscimento di tale diritto da parte dell'Amministrazione regionale integra un illecito aquiliano, che comporta l'obbligo di risarcire il lucro cessante derivante dalla mancata coltivazione della cava, quantificabile sulla base dei ricavi medi annui retraibili dalla porzione costituente ampliamento, per il periodo di interdizione dell'attività estrattiva.