Cassazione penale Sez. V sentenza n. 34014 del 6 agosto 2013

ECLI:IT:CASS:2013:34014PEN

Massima

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Il dolo del reato di diffamazione sussiste anche in assenza di "animus iniurandi vel diffamandi", essendo sufficiente che l'agente, consapevolmente, utilizzi parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, senza un diretto riferimento alle sue intenzioni, purché sia accertato che egli fosse a conoscenza della situazione negativa dell'azienda e dell'attribuibilità del dissesto societario a entrambi i soci, e tuttavia abbia attribuito la responsabilità al solo altro socio, ben consapevole di ledere in tal modo, in maniera ingiustificata, il credito professionale e imprenditoriale di quest'ultimo. In tali casi, il dolo del reato di diffamazione è integrato dalla mera consapevolezza dell'offensività oggettiva delle espressioni utilizzate, a prescindere dalla specifica volontà di nuocere alla reputazione altrui.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARASCA Gennaro - Presidente

Dott. BEVERE A. - rel. Consigliere

Dott. BRUNO Paolo A - Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 762/2009 TRIBUNALE di TORINO, del 04/05/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/04/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per l'inammissibilita'.

udito il difensore avv. (OMISSIS).

FATTO E DIRITTO

Con sentenza 4.5.2012, il Tribunale di To…

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