Il comportamento illegittimo della stazione appaltante nell'aggiudicazione di un appalto pubblico, accertato giudizialmente, comporta la responsabilità risarcitoria della medesima amministrazione nei confronti dell'impresa esclusa indebitamente dalla gara, a prescindere dalla prova dell'elemento soggettivo della colpa, in quanto la responsabilità negli appalti pubblici è improntata a un modello di tipo oggettivo, coerente con l'esigenza di assicurare l'effettività del rimedio risarcitorio. Spetta all'impresa danneggiata offrire la prova dell'utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, mentre la valutazione equitativa del danno ai sensi dell'art. 1226 c.c. è ammessa solo in presenza di situazioni di impossibilità o di estrema difficoltà di una precisa prova sull'ammontare del danno. In assenza di tale prova, il giudice può condannare l'amministrazione a proporre una somma a titolo di risarcimento, parametrata ai lavori non realizzati dalla ricorrente, secondo criteri equitativi che tengano conto del ribasso offerto dalla stessa sull'importo a base d'asta, al netto degli oneri non soggetti a ribasso, senza poter riconoscere automaticamente il 10% dell'importo a base d'asta. Il risarcimento del danno deve essere incrementato della rivalutazione monetaria e degli interessi legali.