La massima giuridica che si può trarre dalla sentenza è la seguente: L'associazione per delinquere di stampo mafioso si configura quando vi è la prova di un'organizzazione criminale strutturata, con una pluralità di soggetti, una stabile organizzazione con ripartizione di compiti e un programma criminoso finalizzato alla commissione di plurimi delitti di usura e reati strumentalmente connessi. La prova della natura mafiosa dell'associazione può essere desunta dalle modalità di esecuzione dei singoli reati fine, dal sistematico ricorso a metodi di intimidazione e violenza, dalla capacità di condizionamento e assoggettamento delle vittime, nonché da episodi specifici che dimostrino la forza di intimidazione e la condizione di omertà proprie di un'organizzazione di tipo mafioso. Tuttavia, tale prova deve essere valutata in modo diacronico, potendo l'associazione assumere carattere mafioso solo a partire da una certa data, in relazione all'evoluzione del suo modus operandi. Di conseguenza, la circostanza aggravante della agevolazione di un'associazione mafiosa ex art. 7 L. 203/1991 può essere riconosciuta solo per i reati commessi successivamente al momento in cui l'associazione ha assunto connotati mafiosi. Inoltre, l'intestazione fittizia di beni e quote societarie, finalizzata ad eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale, integra il reato di cui all'art. 12-quinquies D.L. 306/1992, a prescindere dall'effettiva idoneità della condotta a raggiungere lo scopo elusivo, essendo sufficiente la mera creazione di un'apparenza formale in ordine alla titolarità dei beni.