Il divieto di riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, sancito dalla XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione, impedisce l'ammissione alle competizioni elettorali di liste e movimenti politici che richiamino espressamente ideologie autoritarie e totalitarie, come il nazionalsocialismo e il nazismo, in quanto ciò configurerebbe una violazione del fondamentale principio democratico e antifascista su cui si fonda l'ordinamento costituzionale. L'esclusione di tali liste e movimenti dalle elezioni amministrative comunali, disposta dalle competenti autorità elettorali e confermata in sede giurisdizionale, si pone pertanto in linea con il divieto costituzionale di riorganizzazione del disciolto partito fascista, a tutela dei valori democratici e antifascisti sanciti dalla Carta fondamentale. Il giudice amministrativo, nel valutare la legittimità di tali provvedimenti di esclusione, non invade la sfera di competenza del legislatore, ma si limita a verificare il rispetto dei principi costituzionali, senza poter entrare nel merito di valutazioni di natura politica. L'interpretazione restrittiva delle norme processuali, che impedisce la piena cognizione del merito della controversia, non può essere censurata in sede di legittimità, in quanto attiene al modus procedendi del giudice e non all'essenza della giurisdizione.