Il provvedimento di confisca di prevenzione può essere legittimamente disposto nei confronti di un soggetto ritenuto socialmente pericoloso ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lettera b), qualora sia accertato che egli abbia commesso condotte elusive degli obblighi contributivi e fiscali, reinvestendo i relativi profitti in attività commerciali, vivendo così abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose. Tali condotte, anche se non direttamente riconducibili a fattispecie di reato, integrano comunque una forma di pericolosità sociale generica che giustifica l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, a prescindere dall'accertamento di una pericolosità qualificata ai sensi dell'articolo 4 del medesimo decreto. La confisca può essere disposta anche in relazione a beni acquisiti in epoca anteriore al manifestarsi della pericolosità sociale, purché sia dimostrato il nesso di pertinenzialità temporale tra le condotte sintomatiche di pericolosità e l'accumulo di tali beni. La sentenza interpretativa della Corte Costituzionale n. 24 del 2019, che ha dichiarato l'illegittimità della categoria di pericolosità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a) del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, non incide sulla legittimità di provvedimenti di confisca fondati sulla diversa fattispecie di pericolosità generica di cui alla lettera b) dello stesso articolo, essendo tale pronuncia priva di efficacia demolitoria nei confronti di provvedimenti definitivi.