Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare la controversia relativa alla revoca di una concessione di un bene pubblico (demaniale o appartenente al patrimonio indisponibile dell'ente), afferma che: 1. Indipendentemente dal "nomen juris" utilizzato (nel caso di specie: "contratto di comodato"), quando viene in rilievo un bene pubblico, il rapporto giuridico che intercorre con il privato assegnatario deve essere qualificato, sotto il profilo sostanziale, come "concessione", essendo irrilevante che il bene sia detenuto dall'Amministrazione non "jure privatorum". 2. La revoca di una concessione di servizi pubblici rientra nella competenza del Consiglio Comunale, ai sensi dell'art. 42, comma 2, del D.P.R. n. 267/2000, dovendo applicarsi il regime giuridico previsto per la concessione di servizi pubblici, ai sensi dell'art. 169, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, in quanto oggetto principale del contratto. 3. La revoca della concessione di un bene pubblico deve essere congruamente motivata con riferimento alla sussistenza di un reale interesse pubblico che risulti prevalente nella comparazione con l'affidamento del privato concessionario. 4. L'impugnazione del provvedimento di recesso dalla concessione è soggetta a termini di decadenza, sicché il mancato rispetto di tali termini comporta l'irricevibilità del relativo ricorso. 5. Una volta esercitato validamente il recesso dalla concessione, l'occupazione dell'immobile da parte del concessionario risulta "sine titulo", legittimando l'Amministrazione a disporre lo sgombero dell'immobile, in quanto appartenente al patrimonio indisponibile dell'ente.