Il diritto di critica politica e di satira, quale espressione del controllo democratico sugli esponenti politici e pubblici amministratori, trova il suo limite nel rispetto della dignità e della reputazione della persona, non potendo trascendere in attacchi personali gratuiti e dispregiati. Pertanto, affinché l'esercizio del diritto di critica sia scriminato ai sensi dell'art. 51 c.p., è necessario che l'elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verità, non trascenda in aggressioni della sfera morale altrui e risulti proporzionata e immediata rispetto alle precedenti espressioni offensive provenienti dalla persona offesa, valutate alla stregua di un giudizio oggettivo sulla lesione di regole di civile convivenza. Il giudice, nel valutare la continenza dell'espressione, deve tener conto del linguaggio simbolico e paradossale della satira, senza applicare il metro consueto di correttezza, ma fermi restando i limiti del rispetto dei valori fondamentali dell'individuo.